La Corte d’Appello di Napoli, Sez. Lavoro, con la sentenza n. 2245 del 22 giugno 2025 (riguardante la fattispecie di un figlio riconosciuto quale vittima del dovere in quanto orfano di Vigile del Fuoco deceduto nel corso del servizio), ha confermato la sentenza di primo grado, rigettando l’appello promosso dal Ministero così motivando: “….…la lettura sistematica del suindicato complessivo quadro normativo, secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata (che eviti ingiustificate disparità di trattamento ex art. 3 Cost. tra vittime del dovere e vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice), porta infatti a ritenere che il citato art. 1, comma 562, della L. 23 dicembre 2005, n. 266, abbia inteso estendere alle vittime del dovere indistintamente tutti i benefici previsti a favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice. Questa conclusione risulta corroborata dalla circostanza che il comma 562 non effettua distinzioni tra prestazioni di-verse, limitandosi a prevedere che l’estensione sia “progressiva”, ciò che non esclude che essa sia generalizzata, comprensiva quindi anche del beneficio previsto dalla cit. L. 3 agosto 2004, n. 206, legge del resto puntualmente richiamata dal citato art. 1 lett. a) del D.P.R. 7 luglio 2006, n. 243. Ad ulteriore conferma di ciò si richiama la sentenza della Cassazione a Sezioni Unite n. 6214 del 24/02/2022 che, pur dettata con particolare riferimento alle provvidenze economiche, in più parti ha posto quale principio generale quello secondo cui il trattamento delle vittime del dovere è stato in tutto equiparato a quello delle vittime di terrorismo o criminalità organizzata e che un’interpretazione della normativa in senso difforme comporterebbe il rischio di violazione dell’art. 3 Cost. Ne consegue che escludere le vittime del dovere ed i soggetti equiparati dall’aumento contributivo, come sosterrebbe il Ministero, determina una ingiustificata disparità di trattamento in contrasto con l’evoluzione legislativa che viceversa nel corso dei vari interventi ha ed ha avuto un evidente intento perequativo. Nel caso di specie- giova ribadire – non è in contestazione il già intervenuto riconoscimento dello status di “vittima del dovere”, nè il diritto del ricorrente a percepire le correlate provvidenze, ma solo il riconoscimento dell’aumento di 10 anni di contribuzione figurativa utile per il calcolo dell’anzianità pensionistica, per la determinazione della misura della pensione e per la liquidazione del trattamento di fine rapporto (o equipollente), ai sensi dell’art.3 della L. n. 206 del 2004. Pertanto, sulla scorta delle suddette argomentazioni e richiamando la prevalente giurisprudenza di merito anche ex art. 118 disp att. c.p.c., correttamente il primo giudice ha riconosciuto il diritto dell’odierno appellato a richiedere l’aumento figurativo di dieci anni dei versamenti contributivi utili ad aumentare, per una pari durata, l’anzianità pensionistica maturata, la misura della pensione, nonché il trattamento di fine rapporto o altro trattamento equipollente. Ritiene, dunque, la Corte che all’esito dell’esame degli atti di causa, appare appieno condivisibile il governo dell’interpretazione delle norme e l’analisi degli elementi processuali effettuati dal primo giudice, il quale ha esaminato tutte le circostanze rilevanti ai fini della decisione, svolgendo un iter argomentativo esaustivo, coerente con le emergenze processuali acquisite e immune da contraddizioni e vizi logici. Dalle osservazioni in fatto e in diritto sinora esposte, discende quindi, la infondatezza delle censure formulate dall’appellante e il rigetto del gravame con la conferma dell’impugnata sentenza”.
La Corte d’ Appello di Napoli si è allineata alle pronunce favorevoli nelle quali i giudici ritengono che dalla lettura sistematica di tale complessivo quadro normativo, secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata (che eviti ingiustificate disparità di trattamento – ex art. 3 Cost. – tra vittime del dovere e vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice: disparità paventata anche dal Consiglio di Stato nella nota decisione n. 6156 del 2013), bisogna ritenere che il cit. art. 1, comma 562, della legge 23.12.2005 n. 266 abbia inteso estendere alle vittime del dovere i benefici previsti a favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice, considerando anche che il comma 562 non effettua distinzioni (l’estensione è solo definita “progressiva”: ciò non esclude sia anche generalizzata), con la conseguenza che, anche dal punto di vista dell’interpretazione letterale, l’estensione deve intendersi comprensiva pure del beneficio previsto dalla citata Legge 3.08.2004, n. 206.
La Corte, ha, quindi, rigettato l’appello del Ministero, con consequenziale conferma della sentenza di primo grado e conseguente riconoscimento a favore del ricorrente, quale orfano di vittima del dovere, dell’aumento figurativo di dieci anni di versamenti contributivi utili ad aumentare, per una pari durata, l’anzianità pensionistica maturata, la misura della pensione, nonché il trattamento di fine rapporto o altro trattamento equipollente.

